Il Monte Testaccio (140 d.C. – metĂ III secolo d.C.) è una collina artificiale usata in epoca romana come discarica di anfore olearie (provenienti dalla Betica e dalle colonie africane). Vi si trovano colmate di calce pura, utilizzata, secondo l’ipotesi di Emilio Rodriguez Almeida, per assorbire l’olio presente nei cocci ed evitarne così la decomposizione. Dopo il periodo classico, Monte Testaccio viene destinato a coltivazioni e pascolo, oltre che a discarica. Lungo il perimetro del Monte, alla fine del XVII sec., cominciano ad essere scavate alcune grotte utilizzate come cantine per la conservazione del vino. Il Monte nel corso dei secoli diventa luogo di manifestazioni popolari (ricordato nel sec. XIII come Mons de Palio, vi terminava il gioco della Passione, una sorta Via Crucis) ma anche, alla fine del XVI secolo, poligono di tiro dei bombardieri di Castel Sant’Angelo. Con alcuni editti papa Benedetto XIV ne assicura la salvaguardia, ma indagini archeologiche sistematiche sono condotte solo alla fine dell’Ottocento. Nel 1931, seguendo le destinazione del nuovo Piano regolatore di Roma, Raffaele De Vico progetta la sistemazione del Monte a parco pubblico. Le recenti alterazioni del rilievo derivano dall’accumulo delle terre di scavo del Circo Massimo e dall’istallazione durante la seconda guerra mondiale di una batteria antiaerea.
D. Gallavotti Cavallero, Guide rionali di Roma. Rione XX ÂTestaccio, Assessorato alla Cultura, Fratelli Palombi editori, Roma, 1987, p. 9.
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